venerdì 30 luglio 2010

Libertà Ed Eguaglianza: QUALCHE RIFLESSIONE INTORNO AL TESTAMENTO BIOLOGICO. UNA PROSPETTIVA MOTIVAZIONALE. Intervento di Giuseppe Pasero.


NOTE METODOLOGICHE DELL’ AUTORE A PROPOSITO DI QUESTO LAVORO

Iniziando un lavoro che, avendo come tema centrale quello assai critico del testamento biologico, chiama direttamente in causa la necessità di definire lo spazio dell’autodeterminazione e della libertà personale, penso sia indispensabile anticipare qui le premesse su cui fondiamo le pagine che saranno pubblicate successivamente:

1) La vita appartiene all’individuo di cui costituisce patrimonio inalienabile

2) La qualità della vita è inscindibile dalla qualità delle condizioni in cui si porta a compimento l’irripetibilità del proprio ciclo vitale ed esistenziale

3) In questo senso, parlare di qualità del vivere significa immediatamente ragionare anche intorno al modo in cui la vita termina, ed a quale sia lo spazio di libertà che, eticamente e giuridicamente, debba essere riconosciuto a ciascun individuo che si trovi a fronte della propria morte

4) Secondo la tesi sostenuta nelle pagine che seguiranno, la morte e le forme in cui essa si manifesta appartengono, irrinunciabilmente a ciascuno di noi, esattamente come ci appartiene il processo della nostra vita

5) La stessa tesi colloca in posizione centrale la necessità di definire le circostanze ed i parametri in virtù dei quali un determinato soggetto sia legittimato ad intervenire, direttamente o indirettamente, allo scopo di modificare o di guidare il compimento della propria esistenza

6) Lo sviluppo di un discorso intorno alla possibilità di attribuire, ad un soggetto che lo rivendichi liberamente, il diritto di intervenire allo scopo di rendere più dignitosa ed in senso generale più accettabile - ma, vorrei dire, più vivibile e più sperimentabile - la propria morte, richiede il ricorso a discipline differenti, in cui la psicologia motivazionale possa rispecchiarsi nell’antropologia, nell’etica, nella medicina così come nella psicologia del comportamento

7) Sotto questo profilo, sono portato a considerare l’oggetto delle nostre riflessioni piuttosto come un processo in continuo cambiamento che non come uno stato consolidato in tutte le sue specificità e, prima di tutto, a prendere le distanze da ogni affermazione che possa in qualche modo essere ricondotta a quella di Ludwig Wittgenstein, secondo cui “La Morte non è un evento della Vita: non si vive la Morte”(1). Qualche Autore(2) ha preferito esplicitamente parlare di Morti al plurale, per sottolineare la molteplicità di fisionomie che l’evento-Morte, in quanto processo, assume anche sottoposto alla più rigorosa analisi scientifica. È indubitabile, ad esempio, il numero sempre crescente di malati che solo poche decine d’anni fa sarebbero stati considerati come sicuramente deceduti mentre oggi sono mantenuti artificialmente “in vita”. Adottando anche questo semplice dato come base metodologica, mi sembra credibile definire il confine che, perlomeno nell’immaginario collettivo separa irrimediabilmente la Vita dalla Morte, come un traguardo che si sottrae a tentativi di definizioni semplicistiche; giungendo, di conseguenza, alla conclusione che una sua ipoteticamente ultimativa descrizione non potrà che essere, ancora una volta, altro che il risultato di un complesso lavoro negoziale. Si tratta, ad ogni modo, di un argomento d’importanza cruciale, e porto a sostegno di questo punto di vista alcune domande poste da J. Hamburger(3): “L’organismo umano, quest’immensa colonia di cellule specializzate e non intercambiabili, cessa d’essere tale solo nel momento in cui le cellule sono morte nella loro totalità? Per che cosa ci battiamo: per la vita cellulare o per una certa agglomerazione minimale di cellule, quella che compone l’individuo? E, sulla base di quest’ultima ipotesi, come definire quel minimum necessario perché si abbia ancora il diritto di affermare che un uomo è vivo?”

8) Nel caso che qualche lettore frettoloso fosse tentato di identificare il tema che voglio sviluppare con quello dell’eutanasia, preciso subito che questo introdurrebbe nella mia prospettiva una semplificazione invero alquanto rozza. Preferisco, al contrario, considerare le riflessioni sull’eutanasia semplicemente come una delle ipotesi che aiutano a vivere la propria vita in quanto soggetti liberi e consapevoli. Sotto questo profilo, vorrei precisare ancora che le mie affermazioni si fondano evidentemente su un punto di vista laico, aconfessionale e non religioso, perlomeno nel senso in cui quest’ultimo aggettivo è utilizzato normalmente. Infine, vorrei sottolineare la necessità di affrontare questi argomenti con la massima tolleranza, che costituisce ad ogni modo, in ambito politico e culturale, l’unica garanzia credibile contro soluzioni ideologiche o, peggio ancora, di tipo fondamentalistico e coercitivo.

9) Il tema della morte, così come quello della libertà di scelta che ritengo si debba garantire a maggior ragione a chi soffre, saranno sviluppati nei successivi appuntamenti sotto un duplice profilo. Da un lato si tratterà di un evento di natura biologica, il decesso oggettivamente constatabile che, una volta accaduto, perde per il soggetto che ne è stato protagonista qualunque significato specifico. D’altro canto, in un’ottica completamente diversa, tratterò lo stesso argomento nel suo rapporto specifico con l’uomo e la sua esistenza. Non tanto in quanto momento conclusivo nell’economia di un ciclo di vita, quanto piuttosto come segno del limite ad ogni modo immanente alla nostra vita; il segno della riduzione sempre possibile, anche sino alla nullificazione, delle potenzialità umane. Per quanto riguarda un altro importante punto di vista, quello che considera la morte come inizio di un nuovo ciclo di vita, pur essendone speculativamente attratto non credio sia questa la sede più adatta ad esaminarlo né a svilupparlo.

10) Un’ultima considerazione. Questo lavoro si colloca all’interno di un orizzonte culturale complessivamente ben definito, riconoscibile nelle riflessioni e nei modi in cui il pensiero occidentale si è posto interrogazioni sulla morte e ad esse e per esse ha cercato risposte nei modi più diversi. Incontrando, di volta in volta come ben sappiamo, grandi scoperte scientifiche, paesaggi onirici, drammatiche delusioni ma anche speranze coronate da clamorosi successi.


Giuseppe Pasero
Libertà ed Eguaglianza

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